Educare non significa fissare metodicamente i principi di una dottrina ma promuovere l’insegnamento con l’esempio e lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche e delle qualità morali di una persona e, nel nostro caso, del bambino.
Come insegnanti non abbiamo il compito di riempire “un vaso vuoto”; siamo, a contrario, chiamati a fornire risorse indispensabili affinché dal vaso – già pieno di senso e potenzialità sin dall’origine – nascano tesori.
Come maestri preparati, attenti, in ascolto del bambino, empatici ed entusiasti, abbiamo il compito di educare, far nascere e sviluppare tesori in chi, sin dal primo vagito, ne manifestava l’esistenza dimostrandolo in molti modi e mondi diversi.
La scuola gentile rimanda all’importanza della parola detta e non detta: la comunicazione verbale e non verbale.
Le parole e i gesti nella loro forma più immediata di messaggio codificato e non, hanno una importanza fondamentale nella crescita del bambino, della sua autostima, del suo credersi potente di fronte alle difficoltà quotidiane.
Le parole possono essere macigni pesanti scagliati dall’adulto che dovrebbe proteggere, custodire, incrementare e sviluppare nel bambino quel sentimento di autodeterminazione che lo condurrà al raggiungimento dell’equilibrio emozionale e al buon senso di vita. Occorre, dunque, la massima attenzione alle parole che si rivolgono ai bambini ma anche ai gesti che, indirettamente, le possono sostituire con la medesima forza costruttiva e/o distruttiva.
Le parole sono importanti, facciamoci caso.
La scuola gentile è per il Maria Consolatrice la scelta educativa che sposa l’ascolto del bambino, dei suoi bisogni, delle sue emozioni: Il bambino al centro di una comunità di apprendimento coesa e orientata alla realizzazione piena della persona nel rispetto della sua identità e capace di accendere risorse infinite.